Nutrice in Napoli, "Costume di Marianella" |
Buona parte del territorio posto a nord di
Napoli è stato in passato una zona prevalentemente agricola e molto povera con quasi
la totalità dei suoi abitanti dediti ai lavori massacranti dei campi e delle
masserie.
I più anziani ricordano certamente i lavori
estenuanti che si facevano, per "battere"
o "scugnare” il grano, i fagioli
e per lavorare la canapa. E tutto questo per una manciata di spiccioli.
Vi erano i padroni delle terre, ma vi erano
soprattutto gli operai “di giornata”, che lavoravano molto e guadagnavano poco.
Attorno alle attività agricole nei campi
ruotavano una moltitudine di mestieri “specialistici” come, ad esempio, quelli
dell’”innestatore”, dello “zolfatore”, del “tappiatore”, del “pompatore”,
del “potatore”, dello “zappatore” ed altri ancora. Addirittura
c’era anche un “operatore ecologico”, specializzato ad acciuffare topi nei
campi, detto “soriciaro”…
Ciabattino, detto "Solachianiello" |
Tuttavia, con l’aumento della popolazione,
l’economia cominciò a trasformarsi: molti si diedero alle opere in muratura e
vennero fuori bravi, anzi bravissimi, operai specialisti del mestiere, come muratori, fumisti, pavimentisti,
intonachisti, imbianchini, stuccatori e, di conseguenza, nacquero le prime
piccole imprese che assoldavano molta manovalanza locale.
E le donne? Anche le donne per aiutare
l’economia domestica si sono sempre date da fare. Lo sappiamo bene, oltre a
quelle che aiutavano i familiari nei lavori agricoli, ve ne erano molte che
facevano le lavandaie: esse avevano
appalti con moltissime famiglie di Napoli e rispettando le varie scadenze di
commessa, portavano carretti carichi di biancheria, che lavavano, stiravano e
poi riconsegnavano con scadenze prestabilite.
Nella descrizione del marchese Lucarelli,
del 1913, si rileva che, considerata la sempre crescente attività a Piscinola
delle lavandaie, le quali impegnavano
ampi spazi di cortili per il bucato, fu deciso di realizzare un lavatoio
pubblico in Via Cupa Acquarola.
Lustratore di scarpe e stivali, detto "Pulezzastivali" o "Sciuscià" |
C’erano, poi, non poche donne-mamme, che
facevano le “nutrici” (erano chiamate
anche "mamma ‘e latte" o "mammella"). Proprio per sottolineare
l’importanza di questa attività nella nostra zona, esiste una stampa antica,
che raffigura una ragazza con un abito caratteristico, chiamato “Costume di
Marianella - Nutrice in Napoli ”.
Non mancavano poi le “vammane” (originariamente “mammane”),
vale a dire le antesignane delle attuali ostetriche.
Dopo l’ultima guerra, moltissime donne di
famiglia impararono il mestiere di sarta. Mandare le ragazze ad imparare a cucire era
diventata da noi una vera e propria usanza.
Operatrice di bellezza, detta "Capera" |
Negli anni cinquanta e sessanta, poi, molte
ragazze di Piscinola lavoravano a casa propria, preparando “a cottimo” i guanti
in pelle per i distributori cittadini. Le maestre appaltatrici contrattavano e
distribuivano a dozzine i guanti da cucire e moltissime donne così
contribuirono al bilancio familiare o a realizzare la dote necessaria per
sposarsi.
Non mancavano poi le cosiddette “capere”, cioè quelle donne parrucchiere,
le quali andavano presso le loro clienti, casa per casa, a pettinare la loro
folta chioma. Considerato che durante il loro lavoro, esse dovevano tener desta
la persona e la dovevano intrattenere a parlare, raccontavano i fatti degli
altri e per conseguenza sapevano anche i fatti di quella persona e della sua
famiglia. Così spesso si facevano anche tanti pettegolezzi. Tuttora usiamo
ancora chiamare “capera”, colei o
colui che spettegola a sproposito. Ovviamente abbiamo anche i barbieri, che solevano recarsi
direttamente al domicilio dei loro clienti, sparsi per la zona, per curare,
oltre i loro capelli, le barbe e i baffi.
Aggiustatore di piatti, detto "Tammarriello" |
L’arte dell’arrangiarsi e del sopravvivere
faceva aguzzare la fantasia e l’ingegno della gente ed ecco che, come nel
territorio cittadino, nacquero anche nel nostro territorio miriadi di mestieri
ambulanti, esercitati da persone semplici, che con poche masserizie portate a
spalla o con carretti, girando strade e cortili, vendevano i loro prodotti,
emettendo “voci” e versi di richiamo per pubblicizzare la loro mercanzia.
Il primordiale operatore della pubblicità
fu in tutta Napoli il “pazzariello”,
il quale come un abile commediante, era vestito con abito sgargiante, mostrine
e piumaggi, che ricordavano vagamente il generale napoleonico Gioacchino Murat.
Egli armato di pomo dorato, che agitava a ritmo di un direttore musicale,
andava girando per le strade, ballando e cantando, per commercializzare il
prodotto per il quale era stato pagato. Era accompagnato da una piccola
orchestrina composta da suonatori di tamburo, ottavino e clarinetto.
Ciabattino, detto "Solachianiello" |
Altro personaggio importante nell’economia
contadina era il sensale, chiamato “‘o
sanzaro”. Il “sanzaro” era colui
che combinava affari, proponendo in vendita “partite” di prodotti agricoli,
quali frutta, ortaggi, vino, ma anche animali, terreni e case. Egli era un
personaggio conosciuto da tutti gli abitanti; questi si faceva trovare
normalmente in un luogo prestabilito, spesso nella piazza principale della
zona. Era sempre aggiornato sui prodotti messi in vendita, perché curava i
contatti con le persone che volevano vendere una determinata cosa e di coloro,
che a loro volta, volevano acquistare.
Riparatrice di sedie di paglia, "'Mpagliaseggia" |
Quando combinava gli affari, ossia
quando metteva d’accordo le parti, il gesto che faceva compiere per sancire
l’accordo era una poderosa e sostenuta stretta di mano, che si protraeva con
energia ed egli stesso si univa al gesto con la mano, come per suggellare
l’accordo. A scambio o vendita avvenuta, il “sanzaro” aveva diritto ad una percentuale in denaro, stabilita in
base al valore delle cose scambiate ed era fornita in egual misura, sia da
parte del venditore che del compratore. In sostanza il sensale è stato un
primordiale “agente di commercio” dei nostri tempi.
Fino alla metà degli anni ’80 si poteva ancora
incontrare, fuori al “vecchio” municipio di Piscinola, lo ”scrivano”: personaggio al quale, ancor di più nei secoli passati, la
gente si affidava per compilare richieste di documenti, esposti alle autorità,
oppure scrivere missive da trasmettere a parenti ed amici lontani.
Maniscalco di equini, qui chiamato "Ferracavallo" |
Lo “scrivano”, con il suo operato, quindi, ha
esercitato nei secoli una funzione che potremmo definire sociale e ancora si
vedeva all’epoca dei nostri ricordi, dedito ad aiutare le persone anziane, a
compilare i complicati modelli dell’”Ufficio dell’Anagrafe”, in cambio di
qualche monetina. Aveva sempre in mano una voluminosa cartellina, piena di
modelli “in bianco” e scriveva all’impiedi, senza l’aiuto di tavolino o di
sgabello.
Proviamo ora ad elencare alcuni tra gli
innumerevoli mestieri ambulanti un tempo esistenti, in particolare, quelli più
singolari e caratteristici: il pizzaiolo (‘o
pizzaiolo), il fruttivendolo (‘o
parulano, ossia colui che vendeva ortaggi delle paludi, recentemente detto anche
verdummaro), la venditrice di rane (‘e
rarogne), l’arrotino (‘o mola forbice),
il ciabattino (‘o solachianiello),
l’aggiusta ombrelli (ll’acconcia ‘mbrelle,
oppure ‘o ‘mbrellaro), la
venditrice di spighe di mais (‘a
pullanghella), il gelataio (‘a
grattata), il venditore di pesce (‘o
pisciavinnalo), il venditore di legumi secchi (‘e spassatiempe), il venditore di olive (l’aulivare), il venditore di ostriche (l’ostricaro), il venditore
di zucche e zucchine (‘o cucuzzare),
Realizzatore di cesti e rivestimenti in vimini, detto "Canestraro" |
l’aggiustatore di sedie (‘o
'mpagliaseggie, mentre il costruttore di
sedie era chiamato ‘o seggiaro), l’aggiustatore
di piatti e zuppiere (‘o tammarriello), il venditore di castagne arroste (‘o castagnaro), il venditore di
castagne lesse (‘a ‘llessa), il
venditore di ricotta (‘a ricotta ‘e fruscella, oppure ‘o ricuttaro), il venditore di latte di
vacca (‘o lattaro), il pastore di
capre e venditore di latte (‘o capraro), il venditore di caglio (‘o massese), il pastore di pecore e venditore di agnelli (‘o pucuraro), il venditore di trippa (‘o carnacuttaro, detto anche ‘o pere ‘e ‘o musso), il venditore di brodo di polipi (‘o brod’ ’e purpo), il venditore di
cozze (‘o cuzzucaro), il pulitore e
riparatore di pentole di rame (‘o
stagnaro, detto anche 'o rammaro), il venditore di carbone
(‘o cravunaro), il venditore di lumache (‘o marruzzaro), il venditore di fichi (‘o fecajuolo), il venditore di ciliegie (‘o cerasaro), il venditore di gelsi (‘e cèveze annevate), il venditore di sorbe (‘e sòvère pelose) e, solo per finire, il venditore di olio (l’oliandolo).
Realizzatore di materassi di lana, detto "Materazzaro" |
Bisogna precisare che il venditore di latte
(‘o lattaro) si recava al mattino e
alla sera, direttamente al domicilio dei clienti, portando con sé la mucca da
mungere.
Anche i venditori stanziali in botteghe
avevano nomi caratteristici, come il venditore di stoffe, bottoni e giocattoli
per bambini (‘o zarellare, recentemente
chiamato anche ‘a merceria), il venditore di formaggi (‘o casanduoglio), il venditore di carne (‘o chianghiero), il venditore
di stoccafisso e ventricelli (‘o
baccalajuolo), il venditore di vini e oli (‘o canteniere), il venditore di sale, tabacchi e marche da bollo (‘o tabbaccaro), il venditore di polli e
conigli (‘o pulliere), il venditore
di calce e articoli edili (‘o cavuciajolo
oppure ‘o ferrareccia), il
venditore di carbone (‘o gravunaro).
Canestrari |
Gli
operai addetti alla manutenzione delle selve erano chiamati “severaioli”, mentre quelli addetti a
lavorare nelle cave per estrarre il tufo o altre pietre, erano chiamati “montesi”.
Altri mestieri antichi e specialistici
erano “‘o ferracavallo”, ossia il
maniscalco, che si occupava di sellare i cavalli, “‘o maste ‘e capetiello”, ossia lo stuccatore e il decoratore di
interni, “‘o masterascio”, cioè
maestro d’ascia, “‘o sfasciacarrozze”
(detto anche mannese), cioè l’aggiustatore
di carri, “‘o fravecatore”, ossia il
muratore, mentre il costruttore o riparatore di forno era chiamato “‘o furnaro”.
Gli operatori dediti al trasporto dei
prodotti dalle campagne in città e in altri paesi erano chiamati “carresi”, mentre i costruttori dei
recipienti, utilizzati per contenere il vino, erano chiamati “varricchiali”.
Posizione di operatore della lana su scardasse |
Un altro mestiere caratteristico della zona
era il “matarazzaro’, ossia
l’operatore ambulante che girovagava durante il periodo del dopoguerra e fino
agli anni ’80, tra masserie e cortili, specializzato ad “allargare” e rendere soffice la lana dei materassi. Egli si aiutava
con un particolare strumento di legno, che era chiamato “‘o scardasse”. Quest’attrezzo era una sorta di telaio costituito da
due piastre di legno curvate, di cui la parte inferiore era fissa al telaio,
mentre la piastra superiore era mobile e poteva oscillare con la spinta manuale
del “materazzaro”. Le piastre erano
rivestite da numerosi chiodi, che con il movimento alterno favorivano la
sfibratura della lana. La lana, prima dell’operazione, doveva essere
opportunamente lavata e asciugata al sole.
Sovente, la lana dei materassi veniva lavorata
anche a mano, a cura delle pazienti donne di casa. Molti erano, infine, i sarti specializzati per collazionare
abiti su misura maschili.
Arrotino su bicicletta, "Mola forbice" |
A conclusione di questo interessante argomento,
c’è da aggiungere che nonostante la variegata quantità di mestieri esistenti
nel territorio piscinolese, è stata la
lavorazione della canapa e anche del lino ad avere e conservare per molti
secoli un posto di rilievo tra i mestieri maggiormente esercitati dalla
popolazione locale. Per lavorare e produrre queste due fibre, le cui fasi
abbiamo già descritto, [...] nell'apposito post di questo blog, a volte occorreva sfidare le
disposizioni delle autorità sanitarie, come avvenne nell’anno 1764, durante
l’epidemia del colera, quando gli abitanti di Piscinola, Marianella, Chiaiano e
di altri Casali continuavano a portare i canapi e i lini a macerare nel lago di
Agnano, nonostante i divieti imposti dal governo della città. Ecco una
testimonianza raccolta nella cronaca del tempo:
Attrezzo per la lana detto "Scardasse" |
“Napoli nell’anno 1764, documenti della carestia e della epidemia…”: “[…] Con dispaccio del 13 luglio del 1764
venne vietata la macerazione della canapa e del lino nel lago di Agnano, come
cosa pregiudizievole alla pubblica salute, e si ordinò di farsi il macero nel
Fusaro, nel lago di Patria e in altri luoghi lontani dall’abitato e poiché i
contadini di Piscinola, Marianella e Chiajano ed altri si negarono di
ubbidire, fu ordinato dal Commissario di Campagna di procedere con rigore
contro i trasgressori […]”.
Negli ultimi cinquant’anni, grazie alla
scuola aperta a tutti ed a causa degli espropri delle campagne, per i programmi
urbanistici di espansione della città di Napoli, Piscinola ha cambiato volto:
non più agricoltori, né contadini, né operai, ma quasi tutti impiegati o
aspiranti impiegati, liberi professionisti e qualche raro e caro artigiano.
Riparatore e lucidatore di pentole di rame:"Rammaro" o "Stagnaro" |
Il commercio conserva sempre le “dimensioni” e le caratteristiche insufficienti a far fronte alle necessità quotidiane della popolazione locale, senza alcuna velleità di espansione. I venditori ambulanti sono praticamente scomparsi, resiste solo qualche improvvisato venditore “meccanizzato”, con l’immancabile altoparlante amplificato...
Salvatore Fioretto
Sicuramente un tempo c'erano tanti altri mestieri che non sono stati riportati in elenco, solo per un problema di spazio.
Il racconto è stato interamente tratto dal Libro: Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di Salvatore Fioretto, ed. The Boopen, 2010. Le foto sono state liberamente tratte dalle pagine del Web, nelle quali erano pubblicate e sono state inserite in questo post senza fini di lucro, ma solo con lo scopo della libera diffusione della cultura. La stampa originale della "Nutrice di Marianella" appartiene alla collezione di S. Fioretto.
Realizzatore di cesti e canestri in salici, canne e vimini, detto "Canestraro" |
Sempre interessanti gli argomenti trattati da Piscinolablog. Argomenti che riguardano un mondo che non c'è più ma che stimolano a riflettere sul futuro che verrà.
RispondiEliminaGrazie caro amico, Carmine.
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