Percorriamo spesso la strada che porta il suo nome, via Giovanni Antonio Campano, che è da tutti semplicemente indicata con il toponimo, tutto piscinolese, di: "A via nova 'e Chiaiano", ma pochissimi conoscono questo importante personaggio della storia letteraria della Campania e dell'Italia intera, nel periodo dell'Umanesimo.
Questa strada rettilinea, lunga quasi un chilometro, è di formazione alquanto recente, intorno agli anni '50, ma il personaggio è antico e, pur essendo campano di nascita, ha però ben poco a che fare con la storia del nostro territorio. Diciamo che si è trovato qui, quasi per caso, come Giovanni Bernardino Tafuri, d'altronde...
Ma andiamo per gradi, descrivendo la bella biografia di questo illustre personaggio dell'Umanesimo meridionale.
Giovanni Antonio de Teolis, che poi verrà riconosciuto con l'appellativo di "Campano", nacque nella provincia di Caserta, in un piccolo paesino chiamato Cavelle di Galluccio, nell'anno 1429, da una famiglia di origini modestissime e umili, formata probabilmente da cinque fratelli, di cui, oltre il nostro Giovanni Antonio, troviamo due fratelli certi, perché menzionati dallo stesso scrittore nel suo Epistolario, e si chiamavano Amerigo e Angelo, e altri due fratelli, non certi, che forse si chiamavano Antonio e Michele.
L'infanzia del Campano fu subito segnata da una grave perdita, per la prematura scomparsa del padre, avvenuta a soli 35 anni. Apprese i primi rudimenti della cultura grazie al parroco del suo paesino nativo, e grazie a un suo zio, Teolo, che lo adottò e l'accolse nella sua casa. Intorno all'anno 1445 si trasferì a Napoli per intraprendere gli studi accademici, e guadagnandosi da vivere facendo il precettore dei rampolli della nobile famiglia Pandoni. Tra i suoi insegnanti universitari si riconoscono i celebri Niccolò Rainaldi da Sulmona e Angelo Catone da Supino. Nell'anno 1452 si mise in viaggio per la Toscana, ma si fermò a Perugia; purtroppo il progetto di recarsi a Siena assieme al fratello Amerigo, per seguire le lezioni del celebre giurista Mariano de Sozzini si interruppe, a causa di un assalto di banditi avvenuto lungo la strada.
A Perugia, Giovanni Antonio fu accolto sotto la protezione della influente famiglia Baglioni, nella quale fece da precettore ad uno dei suoi rampolli, e potette quindi studiare il greco, presso l'università cittadina. I suoi progressi furono notevoli, tanto che lo troviamo pochi anni dopo, nel 1455, assunto docente per coprire la cattedra di retorica, presso la stessa università di Perugia.
Nel capoluogo Umbro, il Campano ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare anche nella vita civile, pronunciando apprezzati discorsi nel corso di importanti eventi pubblici. Tra il 1457 ed il 1458, a causa dell'imperversare della peste in città, si rifugiò in una località sul lago Trasimento, e ivi compose alcune sue importanti opere, tra cui: De Felicitate Thrasimeni.
L'elezione al soglio pontificio di Pio II, il 19 agosto 1458, segnò una importante svolta nella vita di Giovanni Antonio. L'incontro con il nuovo pontefice avvenne durante la sua presentazione all'ambasciata perugina, nel 1459.
Papa Pio II |
Nel 1461 entrambi furono a Iesi e poi ad Ancona, per dirimere alcune controversie cittadine. Nello stesso anno, poi, i due accompagnarono il Papa Pio II a Tivoli, per verificare lo stato di costruzione del celebre castello. I suoi meriti e le sue capacità, ma soprattutto le sue raffinate doti poetiche, furono apprezzate da Pio II, tanto da nominarlo vescovo di Crotone, nell'anno 1462. Celebre in quell'anno la bellissima orazione funebre pronunciata da Giovani Antonio per i funerali del Cardinale di S. Susanna, Alessandro Oliva, del quale egli fu conoscente ed amico. Poco dopo, il Papa lo designò vescovo della diocesi di Teramo. In questo periodo il Campano ebbe un peggioramento della sua malattia, l'epilessia, i cui attacchi lo costrinsero a ripetute convalescenze. Nel 1463 lo troviamo a Viterbo, in occasione di un'altra visita papale, ma anche qui fu costretto alla convalescenza, a causa di altri attacchi di epilessia.
Complimenti per il lavoro che fai.
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