Per descrivere una masseria che sia rappresentativa di tutte quelle che un tempo esistevano nel territorio, ne ricorderemo una che è sopravvissuta fino ai primi mesi del 2002, la masseria “Torre Gualtieri” nel tenimento chiamato "Marchesa di Rutigliano" situata a Piscinola, nell'antica via omonima, oggi via Vecchia Miano.
Veduta della masseria Torre Gualtieri e campagna del suo tenimento Marchesa di Rutigliano, 1995 |
L’ubicazione
Questo complesso architettonico costituiva, come si evidenzia nelle mappe, l’unica opera ubicata al di fuori del perimetro dell’edificato storico di Piscinola, ossia l’edificato compreso tra Via Pagliano (Vico degli Operai) e Via Vecchia Miano.
Foto in una masseria di Piscinola, di Giovanni De Stefano |
La
struttura architettonica e gli spazi esterni
La masseria “Torre Gualtieri” aveva una poderosa
struttura difensiva, infatti era dotata di una cortina di mura molto alta e
aveva l’ingresso molto caratteristico, perché anch’esso di tipo fortificato,
con un massiccio portone di legno a due battenti, incastonato in uno dei due
enormi archi a tutto sesto ivi presenti.
La struttura d’ingresso rappresentava la
parte più alta e monolitica del complesso architettonico, quasi a simboleggiare
una specie di torre d’avvistamento e di difesa. Ad essa si accedeva direttamente
dalla strada, attraverso una breve rampa che raggiungeva un terrapieno in tufo
alquanto alto.
Notiamo nel territorio circostante
Piscinola altre strutture simili alla nostra, come la masseria di S. Giovanni,
nella quale è presente una struttura d’ingresso anch’essa a forma di torre, con
un portale altissimo a sesto acuto e con due belle volte “a crociera”. Altro
esempio è la masseria “Torricelli” di
Mugnano, costruita attorno ad un mausoleo cinerario romano a forma di torre, da
cui deriva sicuramente il suo nome.
La struttura architettonica della masseria “Torre Gualtieri” appariva alquanto
disomogenea, per i diversi volumi degli edifici che la componevano. Alcuni di
essi si mostravano come aggiunti un po’ alla rinfusa al “corpo” centrale d’ingresso.
Il resto dei fabbricati erano disposti “a
corte”, attorno ad uno spazio centrale, chiamato “aire” e comprendeva una serie di servizi comuni, tra i quali: il
bagno, il forno, il pozzo, una o più stalle per il bestiame e il relativo
fienile, chiamato “mezzaniello”.
La masseria, poi, aveva diversi giardini (con
alberi di fichi, legnasante (cachi), limoni ed aranci) e le attrezzature utilizzate
per la pulizia e per il confezionamento delle noci e per la produzione del vino.
Masseria Torre Gualtieri, arco d'ingresso fortificato, via V. Miano, 2000 |
L’utilizzo
degli ambienti coperti
Le stalle erano in muratura e suddivise in
varie zone. La parte destinata agli equini (asini, muli e cavalli) era più
angusta, perché meno frequentata, mentre quella destinata alle mucche ed agli
ovini era più ampia, per permettere la relativa mungitura.
Il maiale era allevato all’interno di recinti
coperti, non necessariamante dentro le stalle.
Lo sterco degli animali (strame) era raccolto nelle stalle e trasportato
nei campi, mediante carri, detti “carrette”
o “riroti”, trainati da muli o
cavalli.
Il vino era contenuto in botti, sistemate
all’interno di locali sotterranei abbastanza profondi e bui (‘e rotte).
Vicino al locale chiamato “basso” (vascio),
era presente, poi, un grosso locale chiuso, tipo deposito, destinato ad
immagazzinare i prodotti della campagna, prima che venissero trasportati al
mercato.
Le
abitazioni dei contadini
Le abitazioni si componevano di locali
disposti su due livelli.
Il “basso” (vascio) si componeva di una grossa camera, posta al piano terra, corredata
di un camino “a campana”, da un lato e da un piccolo locale interno destinato alla
cucina. Nella cucina i fornelli erano realizzati in muratura e acciaio e
venivano alimentati con legna: quasi sempre avanzi di potatura. Le pentole
grandi (caurare) erano collocate in
un foro circolare, realizzato dentro il piano di pietra. Questo foro formava, attraverso
un cerchio di ferro battuto, una sorta di incastro per la pentola. Le pentole
piccole e le padelle si appoggiavano, invece, sopra a dei piatti di acciaio,
realizzati mediante anelli concentrici, di ferro battuto, che si incastravano
uno dentro l’altro. Sotto queste strutture erano presenti delle camerette,
nelle quali si introduceva la legna e si poteva “soffiare” sul fuoco, con un
apposito ventaglio composto da vimini e varie fibre.
Interno Masseria, vista dell'"Aire" e pietra per lavorare il lino, 1971 |
I mobili erano pochi, di manifattura
semplice, composti per il “basso” da una credenza o “cristalliera”, utilizzate per
il contenimento delle suppellettili, da una grossa tavola in legno e da alcune
sedie impagliate; mentre nella camera del piano superiore c’era un armadio, un
letto con spalliere in ottone o ferro e un comò del tipo “segreter”.
I materassi erano realizzati con sacchi di
canapa riempiti di “stuglie” di
granoturco. Le stuglie venivano cambiate ogni anno.
Il bagno era minuscolo, spesso pensile, come
in questo esempio, ricavato “a sbalzo” sul corpo di fabbrica, mentre, era
consueto che si utilizzassero vasi da notte o pitali, che durante il giorno erano
conservati nei comodini ai lati del letto.
Il riscaldamento degli ambienti della “zona
giorno” era molto semplice e consisteva nell’accendere il fuoco nel camino.
Nelle strutture più antiche il camino era costruito rigorosamente a forma di campana
e nel suo interno conteneva due sedili di pietra contrapposti, che permettevano
a due persone di sedersi e dialogare.
Masseria Torre Gualtieri, dalla campagna del suo tenimento, 1995 |
Negli ambienti dove non si disponeva del
camino, si utilizzava un braciere di rame, bruciando della carbonella (vrasiero cu’ ‘e gravunelle). Il braciere si collocava su un supporto di legno o
di ferro, sul quale si potevano appoggiare i piedi. Per “attizzare” il carbone
si disponeva anche di una palettina in rame o di ferro.
Nelle camere da letto (‘a cammera) si usava lo “scarfalietto”, ossia una sorta di padella in rame, nel quale si poneva del carbone acceso. Lo “scarfalietto” era posizionato sotto le coperte prima di andare a dormire, dentro ad un distanziatore chiamato “monaco”. Quest’ultimo era una sorta di navicella realizzata in doghe di legno e serviva ad alzare le coperte, per non farle stare in contatto con le pareti roventi dello “scarfalietto”. D’inverno gli indumenti e gli altri panni erano messi ad asciugare sopra il braciere, utilizzando una specie di cupola, fatta anch’essa di listelli di legno; mentre durante le giornate assolate gli indumenti venivano esposti (spasi) al sole, nell’”aire”.
Masseria Torre Gualtieri dalla campagna del suo tenimento, 2000 |
I
momenti di vita comune
I momenti di aggregazione nelle masserie
coincidevano con l’utilizzo delle strutture comuni, come il pozzo, il forno e l’aire.
Il forno era adoperato durante i fine
settimana, per la cottura del pane e durante le feste dell’anno, per la cottura
di dolci e dei piatti rustici locali.
Altro momento di unione degli abitanti
della masseria era la lavorazione del granoturco che avveniva a fine estate.
Anziani, giovani, donne e bambini la sera si disponevano a formare un grande cerchio,
intorno a covoni di mais e procedevano, dapprima, all’asportazione delle “stuglie” esterne delle spighe e, poi,
all’asportazione dei chicchi, aiutandosi con utensili appuntiti (chiamati spuntoni).
L’evento era accompagnato dal
racconto di aneddoti e ricordi da parte degli anziani. Le pannocchie migliori (‘e spighe ‘e graurine) venivano selezionate
per la semina dell’anno successivo ed erano conservate sotto gli androni o
volte, appese a forma di grappoli, insieme a “pennoli” di pomodori, sorbe (sovere),
cachi (legnasante) e meloni (mullune ‘e pane).
Scorcio della Masseria vista dalla stradina detta "Carrara", 2000 |
L’”aria”
(detta anche aire) era utilizzata per
eseguire l’essiccazione delle derrate agricole prodotte nella campagna. Essa
veniva anche utilizzata per bacchiare i cereali ed i legumi e, ancora, per
svolgere le attività domestiche e ludiche. Di questo spazio e delle lavorazioni
che in esso si eseguivano, daremo un’ampia descrizione nei post futuri.
Negli spazi aperti della masseria era
solito assistere al razzolare del pollame, insieme ad anatre ed oche. Spesso,
come in primavera, le chiocce portavano in giro i pulcini appena nati.
Il pozzo non era altro che una grossa
cisterna interrata in tufo, destinata al contenimento dell’acqua piovana
raccolta dai tetti degli edifici, convogliata in esso attraverso una serie di
canalizzazioni. L’acqua veniva poi prelevata mediante un secchio legato ad una
corda di canapa, attraverso un “mulinello” in legno (Tròciola). L’acqua raccolta dal pozzo
era riservato agli usi domestici e per abbeverare il bestiame.
Altra struttura comune era una grossa pietra
vesuviana che era presente al centro della masseria. Questa era una grossa
pietra lavica, con la superficie a vista ben levigata e veniva utilizzata dalle
donne e dalle ragazze per la lavorazione del lino occorrente per realizzare la
dote per le nozze.
Una
giornata trascorsa in masseria…
Come è logico pensare, la vita nella
masseria si svolgeva nel corso della giornata in ambienti diversi, con
l’interessamento anche delle campagne ad essa collegate. Durante il giorno, si
frequentavano i locali e le zone, poste ai piani bassi della masseria (‘o vascio), mentre, di notte, si era
soliti abitare nelle camere poste ai piani superiori (‘a cammera). La sveglia per tutti gli abitanti era fissata di buon
mattino, al primo canto del gallo, ossia intorno alle quattro. Occorreva per
prima cosa mungere le mucche e, poi, a seguire, pulire e governare tutti gli
altri animali presenti nella stalla.
Masseria Torre Gualtieri, dal lato della via V. Miano a Piscinola, 2000 |
Alle prime luci dell’alba gli uomini si
recavano nei campi per eseguire le attività agricole, mentre le donne si
dedicavano alla cura della casa e alla preparazione del pranzo. Intorno a mezzogiorno
si faceva un pranzo frugale, consumato sul posto di lavoro.
Le donne
trasportavano in grosse zuppiere avvolte in un panno, detto “muccaturo”, un unico pasto destinato ad
alimentare tutti gli addetti ai lavori. Il vino, naturalmente, durante e dopo
il pasto non doveva mancare mai ed era trasportato in “mummare” di terracotta o in fiaschi impagliati. Non si faceva uso
di bicchieri.
Si continuava poi a lavorare fino all’imbrunirne.
Le donne preparavano la cena e si dedicavano alle attività secondarie, come al
ricamo, oppure alla preparazione delle conserve. Quando gli uomini ritornavano
dai campi, si eseguiva la seconda mungitura delle mucche e si governava di
nuovo gli animali con fieno e graniglie varie.
Al termine dei lavori, i
contadini rincasavano nei “bassi” e si sedevano accanto ai focolari aspettando
la cena. La cena era costituita quasi sempre da minestre, oppure da ortaggi
vari, cucinati in maniera semplice, posti in un’unica zuppiera ed “esposta”
alle posate di tutti i familiari. Al termine del pasto, i vecchi raccontavano
alcuni racconti ai bambini seduti attorno al focolare scoppiettante e si andava
presto a dormire.
Foto di famiglia nella masseria "Renza 'e Vascio", foto di Ferdinando Kaiser |
Le
unità di misura adoperate nella società agricola di un tempo
Le unità di misura adoperate nel mondo rurale
hanno origini antichissime e variavano sensibilmente in rapporto al territorio.
Citiamo quelle più utilizzate nella nostra zona e, quindi, nel nostro esempio
citato:
Misure
di superfici:
1 moggio (aversano) detto “mojo” 3.364
m2, ossia 0,3364 ettari
1 “quarta di terra” 336 m2
Misure
di capacità:
1
“tummolo" (misura di granaglie) 0,54
ettolitri, ossia 54 kg ca.
1 “votta” 500
litri circa
1 “mezza votta” 250 litri circa
1 “carrato” 308 litri circa
1 “varrile” 44
litri circa
1 “carratiello” 35 litri circa
1 “quartarulo” 11
litri circa.
Foto dei ruderi della Masseria, in fase di demolizione, marzo 2002 |
Purtroppo l’antica masseria “Torre Gualtieri” nel tenimento "Marchesa di Rutigliano" di Piscinola,
è stata miserevolmente abbattuta nella primavera del 2002, per far posto ad un “piccolo e oscurato”
giardino pubblico, ancora senza nome, progettato e realizzato nell’ambito del “programma di
ricostruzione del dopo terremoto”.
Masseria Torre Gualtieri nella mappa dell''800 di Piscinola |
Il contenuto del presente post è stato completamente tratto dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore. Una terra, la sua gente, le sue tradizione", di S. Fioretto, ed. The Boopen, 2010.
Per questioni di spazio del blog, seguirà una "terza parte" del post, con il continuo dell'elenco delle masserie esistenti nel territorio e tante altre foto.
Salvatore Fioretto
Bozzetto allegorico di Piscinola, composizione grafica di S. Fioretto |
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