Questa settimana racconteremo uno spaccato di storia della vicinissima Miano, narrando la vita di un personaggio originario del quartiere, una donna che è stata organizzatrice di squadre sportive di calcio, a livello sia dilettantistico che di categoria, a cui hanno aderito diverse generazione di giovani sportivi di Miano: parliamo di Lucia Natale, soprannominata "Susella".
Il testo, scritto dal giornalista dott. Antonio Valenti, è stato pubblicato due anni fa, in una rubrica speciale, sulle pagine sportive del giornale "Campania
Sport", l'8 marzo 2016.
Interessante è la citazione nell'articolo di un tecnico formatore di squadre di calcio nel quartiere di Piscinola.
"La febbre del sabato sera, prima che della
discoteca 2001 Odissey del film di John Travolta, nasce là in quel basso, un
bigliardino, come si diceva allora, all’angolo di Vico Cotugno oggi risucchiato
non dal terremoto ma dalla ricostruzione post terremoto, non dalla natura ma
dalla natura dell’uomo.
Miano e lo stabilimento della Birreria Peroni in una foto aerea degli anni '60 |
E’ in quell’angolo scomparso di Miano che il sabato sera un gruppo di giovani si ritrovavano per preparare la gara del giorno dopo, mister Pasquale ‘o pazzo dettava la formazione e spiegava la tattica che all’epoca era “letterale e non numerica”, niente 4-4-2 o 4-4-3, tutto molto semplice: tu giochi ala destra, tu libero in difesa, insomma non si litigava con i numeri come oggi.
A litigarci con i numeri, seduta a un tavolino c’era una signora, ma più che numeri erano gli
stessi giocatori ad autotassarsi per raccogliere la somma necessaria. Lo sballo
era un chinotto o una gassosa e terminato il “raduno” prepartita con le
convocazioni, fatte all’improvviso tra i presenti, si tirava la sera con un
tressette, una partita a flipper o a calco balilla.
Non era il mondo di Suzie Wong ma il mondo di
Susella, nome, o meglio il soprannome di battaglia di un personaggio
straordinario del calcio dilettantistico campano conosciutissimo da tutti i
campi degli anni che vanno dal 1950 al 1970.
Il pedigree calcistico di Lucia Natale, questo il
vero nome che pochi conoscevano e a nessuno interessava, lo riassunse lei stessa in un’intervista al “Campania
Sport” del 23 maggio 1972: Sono nel
calcio da più di vent’anni, anche se non ricordo con esattezza. Il primo campionato l’ho fatto col CSI verso
il ’50, poi ho fatto quattro anni di lega giovanile e dal ’57-’58 ininterrottamente
in terza categoria. L’ho vinta quattro anni fa e sono giunta varie volte
seconda o terza”.
Questi i numeri dell’attività agonistica, i numeri
dei ragazzi coinvolti è stupefacente: siamo sulle mille unità e il verbo “acquistare”
non è mai esistito nel vocabolario di Susella, si andava là per pura e semplice
passione e per divertirsi, era un mondo senza trucchi e senza inganni, che ,
quando crollerà, verrà sostituito da un mondo tutto trucchi e inganni, proprio
in quelle zone a maggior rischio sociali, in cui molti ragazzi imboccheranno le
strade del disagio.
I “Made in Sud” all’epoca erano anche i ragazzi che
crescevano alla scuola del Calcio Napoli, con personaggio come Lambiase e De
Nicola, allenatori e conoscitori della realtà calcistica campana, e così
succedeva che avversari della Polisportiva Miano erano tali Juliano, Montefusco
e Abbondanza.
Susella e alcuni atleti |
Certi sociologi attuali dovrebbero partire proprio
da queste realtà, anche sportive, e dalla loro distruzione per capire la
desertificazione di valori e il malessere odierno.
In questo mondo di Susella: zero acquisti e diverse
cessioni, ricordava lei stessa in quell’intervista: Ho venduto parecchio. Cedetti Spanò, Riccio e Bevar al Quarto per 400.000 lire. Un altro, Quereta, gioca in serie
D.
Era il mondo di Susella, ma anche di tanti altri,
come Raffaele Zazzaro a Piscinola o Corduas con la sua Freccia Azzurra a Secondigliano, che
accoglievano i ragazzi e li indirizzavano su una via fatta di alcuni campioni e
tanti valori che allo sport sono intrinsechi.
Questa la Susella calcistica da tutti conosciuta e
sinonimo del calcio mianese, tanto che se parlavi del calcio e di Miano la
domanda era sempre la stessa: Chi, Susella?
Accanto a Susella “pubblica” poi, non è che lei
vivesse di pallone, c’era la Susella che puoi definire: “Pane, pallore e
fantasia”.
La fantasia era, ed è ancora in molti casi, quella
che ti fa mettere il piatto a tavola con una certa serenità giorno dopo giorno.
Quando le donne si affacciavano al mondo del lavoro, comprese le borghesi in
una scuola allora feudo incontrastato maschile, Susella è stata anticipatrice
ed emancipatrice.
Quando Lourdes e Medjugorje erano di là da venire,
le nostre donne, per il resto dell’anno casa e chiesa, riversavano la loro fede
nella juta a Montevergine, in macchinoni addobbate con fiori ogni settembre con
l’abito e lo scialle d’occasione e rincannaccate con chili di monili d’oro, all’epoca
la ricchezza la potevi ostentare anche se era virtuale, perché poi, per il
resto dell’anno, quell’oro prendeva spesso e volendo la via di Secondigliano,
da "zì Vicienzo", l’uomo
del Banco dei Pegni, così per sopravvivere.
Susella era una delle artefici e organizzatrici di
tali viaggi ed ebbe un’evoluzione notevole, con lo scomparire delle macchine
addobbate, passo all’organizzazione di viaggi organizzati annuali per la stessa
Montevergine e Pompei e poi, in una notevole escalation, viaggi di più giorni
per Assisi e Venezia e tante altre mete italiane che altrimenti sarebbero restate
dolce chimera di tanti, è stata una delle inventrici del turismo popolare, un’operazione
sociale non da poco conto per quei tempi.
E non finisce qui, quando non era impegnata col
calcio o con i viaggi, Susella dispensava nei tanti vicoli di Miano i guanti
che, provenienti dalle fabbriche della Sanità, venivano distribuiti, oggi si
dice terziarizzazione, alle donne che dalla mattina alla sera, sedute alla loro
macchina da cucire a pedale, il motorino avrebbe fatto il la sua comparsa negli
ultimi tempi, cucivano coadiuvate da tutta la famiglia, quei guanti che poi
ultimati riprendevano la via delle fabbriche con pagamento, ovviamente, a “cottimo”
e una percentuale per le “distributrici”.
La Sanità brulicava di fabbriche di guanti e di
scarpe, c’era un artigianato fiorentissimo che dava da campare a tutti i suoi
abitanti ed addirittura esportava lavoro, certo era spesso lavoro nero e,
evidentemente dei due termini uno era di troppo ed andava eliminato, infatti così è stato che dei due termini è scomparso il “lavoro” ed è rimasto “nero”."
Articolo giornalistico di Antonio Valenti
Ringraziamo il dottor Valenti per questa bella pagina di storia del nostro territorio; terra con tanti personaggi di spessore, come fu donna Susella di Miano.
Articolo giornalistico di Antonio Valenti
Ringraziamo il dottor Valenti per questa bella pagina di storia del nostro territorio; terra con tanti personaggi di spessore, come fu donna Susella di Miano.
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