La
Cantata dei pastori è
un’opera teatrale a soggetto religioso. Narra del viaggio che compiono Giuseppe
e Maria a Betlemme. Ovviamente la nascita del Salvatore sarà la totale e
finale sconfitta di Belfagor e dei suoi diavoli.
Questa
masnada di esseri infernali proverà in tutti i modi ad arrestare il cammino
della Santa Coppia per impedire la nascita del Bambino. Lo scenario non è in
verità il territorio palestinese. Piuttosto appare chiaro che si tratta di una
collocazione nella nostra terra napoletana con appendici abruzzese. C’è il
mare, la campagna e la montagna. E nell’alternarsi di questo territorio
presepiale c’è il pescatore e il pastore; il cacciatore e il l’oste insieme con
l’andirivieni di personaggi di strada. La storia letteraria dell’opera
risalente al seicento e ad Andrea Perrucci la possiamo ritrovare in Wikipedia.
Ormai
l’accesso facilitato a questa immensa biblioteca informatica può decisamente
arricchire le nostre conoscenze. Con Roberto De Simone e Peppe Barra
l’opera, pur modesta del teatro sacro napoletano, vissuta per
secoli con incredibile intensità emotiva a livello di sacrestie
attrezzate per l’occasione, è passata ad essere un successo Teatrale e
televisivo di notevole valore.
Molta
napoletanità, intanto, un tempo sottovalutata o anche dimenticata, ha trovato
una vera e propria risurrezione. A me sembra che siano andate di pari passo la
rivalutazione del Natale Napoletano tradizionale con Canti popolari
rappresentazioni di teatro detto minore e i presepi dell’Arte e l’arte dei
Presepi.
Mai come negli ultimi tempi San Martino e San Gregorio Armeno sono stati
così affollati di Napoletani e turisti di ogni provenienza. Una folla immensa
passeggia nella Napoli Nobilissima del Centro Storico. Il suo vestito
settecentesco ispira veramente la gioia di vivere.
Può
essere complementare e, forse, anche utile per il buon gusto, da parte nostra,
cioè da parte piscinolese, ripensare alla “nostra” Cantata dei Pastori. A quel pezzo di filodrammatica che, con la Tragedia della Madonna delle Grazie, La
Religione Trionfante e altre rappresentazioni, riusciva a far sentire
protagonisti di cultura contadini, muratori, bottai e barbieri; ferrovieri e
portalettere; braccianti e poveri disoccupati. Per anni, forse per secoli, una
fiumana di gente vincendo il freddo delle serate di dicembre, si accalcava
nella sacrestia.
Palcoscenico ben allestito, il suggeritore d’arte e con le
luci della ribalta: “Ecco l’alba che spunta … e tu ancora dormi Benino.” La
voce di Armezio dava inizio nel più
religioso silenzio alla Cantata dei Pastori. Era Gennaro Severino; sembrava
fatto apposta. Nessuno avrebbe mai pensato ad un altro. Era lui il santo
vecchio. E con lui si alternavano di anno in anno tutti gli altri per essere Ruscello, Citonio, Maria, Giuseppe. E
soprattutto Belfagor. Gaetano
Cangiano era indispensabile.
La
sua caduta come diavolo sconfitto faceva tremare il palco e il sangue nelle
vene. Si era così. Nessuno riusciva più a sentirsi estraneo spettatore. Si era
lì, in mezzo all’evento con tutta l’ansia di protagonisti.
Che bello. Mentre scrivo mi viene ancora la pelle d’oca!
Ricordo a proposito quando ad Afragola la nostra compagnia, dove recitava anche mio padre, rappresentò la condanna a morte di Santa Lucia. Mio padre impersonando Pascasio, il Procuratore romano, con enfasi gridò verso la Santa: sia condotta al patibolo! Una vecchia del pubblicò gli gridò “’nfamò” e lo colpì con una zoccolata in fronte.
Tornando alla Cantata, quante risate quando usciva Sarchiapone.
Che bello. Mentre scrivo mi viene ancora la pelle d’oca!
Ricordo a proposito quando ad Afragola la nostra compagnia, dove recitava anche mio padre, rappresentò la condanna a morte di Santa Lucia. Mio padre impersonando Pascasio, il Procuratore romano, con enfasi gridò verso la Santa: sia condotta al patibolo! Una vecchia del pubblicò gli gridò “’nfamò” e lo colpì con una zoccolata in fronte.
Tornando alla Cantata, quante risate quando usciva Sarchiapone.
Penso
che pochi abbiano avuta la verve comica di Tonino Aruta. E che dire della
figura delicata esile e sfiziosissima dell’imbroglione professionista, di Razzullo:
Mimì Manna. I due, perennemente affamati, si destreggiano tra il bosco e una
fantomatica Taverna. Complicano e sciolgono le vicende della Coppia Santa, ma
alla fine impersonificano con realistica emozione la fame atavica di tanti
piscinolesi meno fortunati.
La festa finale: nasce il Signore, Armezio con i suoi figli arriva profetizzando, come il Simeone dell’Evangelista Luca. Belfagor è sconfitto e il coro delle miriadi celesti intona un canto stupendo accompagnato dalle zampogne..
Non so se agli occhi smaliziati della gente di oggi passiamo per ingenui o anche cretini. No. Avete torto marcio: si piangeva. Si. Si piangeva di gioia. Perché oggi come allora chi piange di gioia non è un cretino!
La festa finale: nasce il Signore, Armezio con i suoi figli arriva profetizzando, come il Simeone dell’Evangelista Luca. Belfagor è sconfitto e il coro delle miriadi celesti intona un canto stupendo accompagnato dalle zampogne..
Non so se agli occhi smaliziati della gente di oggi passiamo per ingenui o anche cretini. No. Avete torto marcio: si piangeva. Si. Si piangeva di gioia. Perché oggi come allora chi piange di gioia non è un cretino!
E’
Natale. E tanto basta.
Natale
Mele
La
redazione di Piscinolablog ringrazia con affetto e stima il carissimo
amico e scrittore, Natale Mele, per questo pregevole contributo che ha voluto
donare alla nostra "rassegna" di recupero delle eccellenze del
territorio, ricordando i fasti di quella che fu un'altra bella iniziativa che
gli antichi piscinolesi realizzavano periodicamente, attraverso la "Filodrammatica",
con la rappresentazione della Cantata dei Pastori.
Intanto, auguri a tutti di "Buon Natale" e di un "Felice nuovo anno"!
Arrivederci al 2018.
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