La storia della villa romana
I resti archeologici presenti nella zona meridionale del quartiere di
Scampia appartengono a una villa rustica romana, datata tra il I e
il II secolo d.C. Prima dello sconvolgimento del territorio agricolo, si poteva incontrare questo manufatto pervenutoci dall'antichità, lungo la strada di
campagna detta “del Cancello”, che
collegava l’antico Casale di Piscinola alla strada consolare proveniente da
Capua. La sistemazione attuale risale alla costruzione del sistema viario del nuovo
rione Scampia, avvenuta alla fine degli anni ‘70, adattando la sua posizione,
in mezzo allo spartitraffico di Via Tancredi Galimberti, con realizzazione di
aiuole e la piantumazione di alberi e cespugli.
Questo rudere un tempo aveva a corredo una grande cisterna interrata, che fu purtroppo demolita in occasione della costruzione della strada.
La conformazione delle mura e la
presenza di un piccolo ambiente termale hanno fatto supporre agli studiosi che essa fosse
stata abitata dal proprietario del fondo, molto probabilmente un veterano romano, a cui
era stata affidato un vasto appezzamento di terreno, che allora
circondava la struttura. Alcune testimonianze raccolte dagli anziani contadini, parlano di residui di
mosaici e di pezzi di intonaco affrescati a tinta blu, che giacevano nei suoi
ambienti, almeno fino agli anni ’60 del secolo scorso; indizi che lasciano presagire
che il proprietario di questa villa rustica appartenesse ad una classe di gens agiata. La villa ha subito
sicuramente un’antica ristrutturazione, forse già da parte del primo proprietario,
con sopraelevazione del pavimento di quasi un metro. Forse la sopraelevazione
fu resa necessaria a seguito dei continui allagamenti, cui la zona sarebbe
stata interessata durante eventi meteorologici avversi. Si notano anche segni di ampliamenti eseguiti in epoche diverse.
La struttura conservata potrebbe essere solo una parte di una realtà abitativa ben più estesa, infatti alcuni testimonianze raccontano che all’epoca della costruzione del “Rione 167 di Secondigliano” (così si chiamava all'epoca Scampia), nell’area di fronte al sito in parola, sarebbero stati rinvenuti altri resti antichi e molte tombe di una vasta necropoli osco-romana, con la presenza di alcuni resti di assi viari. Queste fonti orali non sono state, purtroppo, mai suffragate dal ritrovamento di relazioni scritte o da foto. Sappiamo però che alle epoca degli espropri e degli sbancamenti della zona, alcuni circoli culturali del territorio di Piscinola e di Marianella, impegnati socialmente per salvaguardare le testimoniante antiche del quartiere, organizzarono con dei ragazzi delle "ronde" di ispezione e di sorveglianza archeologica nel territorio, per prevenire scempi e depredazioni, ma riuscirono a scongiurare ben poco, difatti molte effrazione e asportazioni risultarono state compiute notte tempo, specie dagli immancabili “tombaroli”.
Questo rudere di Scampia è
riportato persino nelle mappe antiche, in particolare nella mappa del Valmagini
del 1834, e in quello della Real Officina Topografica del Regno di Napoli, anno
1807, nelle quali è rappresentato un piccolo manufatto, con sopra la scritta sintetica
di "Casa Vecchia". Nella nostra
zona troviamo altri esempi di architetture simili, come la “villa di
Marianella”, situata in via Cardovito, che risulta in gran parte ancora da
scavare.
E… chi pensò ad un ipotetico acquedotto romano…!
La presenza di queste rovine ha
da sempre suscitato interessi e dubbi nel mondo della cultura, alcuni scrittori
del XIX secolo ipotizzarono che esse fossero degli avanzi di un possibile acquedotto
romano, diverso da quello dei Ponti Rossi o di un’opera idraulica
dell’antichità ancora tutta da scoprire. Infatti il canonico Andrea de Jorio,
nella sua opera “Indicazioni del più rimarcabile in Napoli e contorni”,
pubblicata nel 1835, cosi si espresse: “[…] Come
questo sospetto porterebbe l’idea di altri condotti superiore di livello a
quello di Ponti-rossi. E dai quali l’acqua si sarebbe immessa in quello della
grotta di Pozzuoli, e da questo negli altri, così si dovrebbero esaminare i
tanti ruderi di simile natura che esistono in Piscinola, sopra Capo di Monte, e
nelle alture di Pianura, tutti di un livello assai più elevato di quello dei
Ponti-rossi.”
La scoperta del cacciatore…
La scoperta del cacciatore…
Si racconta che un giorno un
cacciatore della zona, che si recava in questi luoghi per il suo diletto di
caccia, ad un certo punto si accorse che il suo cane era scomparso... Cominciò quindi a cercarlo in tutta la zona.
Ad un certo punto udì il cane abbaiare da lontano e con sommo stupore scoprì
che la povera bestiola si era cacciata in fondo a una specie di grotta, come
giudicò in prima istanza quella cavità. Era così profonda la grotta che il cane
non riusciva a risalire in superficie. Egli non si perse d’animo e chiese subito
aiuto ad alcuni contadini del fondo e, per recuperare il suo fido, si fece
calare nell’anfratto, legato a un corda di canapa. Giunto in fondo alla cavità
poté constatare, con meraviglia, con l'aiuto di una torcia, che quella non era
una grotta ma una cisterna antica, infatti le pareti erano tutte realizzate con
intonaco idraulico e, per quanto si poteva vedere, con muro in opus reticolatum. Da quella scoperta la
cisterna rientrò nell'inventario collettivo degli abitanti di Piscinola e delle
masserie sparse nei suoi dintorni, alimentando leggende e cunti fantastici...alcuni dei quali sono nel seguito riportati.
La leggenda della “Casa dei
serpenti”
Il rudere era detto anche “Casa dei serpenti”, per lo stato di
abbandono in cui versava e per la presenza di rovi e di tane di serpenti al suo
interno. Un alone di mistero ha sempre aleggiato intorno a queste vestigia, con
leggende tramandate di generazione in generazione. Una di questa è da
ricondursi al fatto che la cavità presente al suo interno veniva utilizzata
dalla gente per sopprimere i cani randagi o con sospetta rabbia. Infatti, una
volta che venivano qui gettate, le povere bestiole non potevano più
fuoriuscirne e morivano di fame e di sete. Queste perciò ululavano e abbaiavano
per giorni interi. I loro “lamenti” venivano interpretati dai bambini, ma anche
dagli adulti, come voci di fantasmi e di entità misteriose. I bimbi ascoltavano
queste leggende, non senza paure e timori, credendo nella presenza di fantasmi
o “spiriti”, come qui vengono ancora chiamati! A volte i genitori, per tenerli
a bada o per sedare qualche incombente capriccio, minacciavano di potarli nella
casa dove c’erano i serpenti e gli “spiriti”. I bambini ovviamente smettevano immediatamente le loro birichinate...!
Un rifugio di guerra…
In occasione della prima guerra mondiale, si sa che i giovani "chiamati alle armi" o in congedo provvisorio, si rifugiarono nella cavità presente al suo interno, per nascondersi e sfuggire alle perquisizioni dei Carabinieri, che andavano in giro alla ricerca dei disertori di guerra.
In occasione della prima guerra mondiale, si sa che i giovani "chiamati alle armi" o in congedo provvisorio, si rifugiarono nella cavità presente al suo interno, per nascondersi e sfuggire alle perquisizioni dei Carabinieri, che andavano in giro alla ricerca dei disertori di guerra.
La leggenda del “Serpente cu’ ’a calamita...!”
Si racconta che nella “casa dei
serpenti” un tempo avesse trovato ricovero e vi dimorasse uno straniero
vagabondo, forse di origine greca o indiana e che costui avesse con sé un
serpente. Questo serpente, secondo l’immaginario popolare, aveva qualcosa di
sovrannaturale, forse di magico! Si racconta, infatti, che avesse la facoltà di
ipnotizzare con lo sguardo le persone, un po’ come fa una calamita bloccando
gli oggetti di ferro! Per questo potere, il serpente fu soprannominato “‘O serpente cu’ ’a calamita”. Alcuni
sostengono che il rettile avesse le corna, oppure le lenti. E’ molto probabile
che lo straniero fosse un girovago o un circense, che guadagnava qualche soldo
esibendo nelle feste la “danza del serpente”. Come pure è attendibile che
questo serpente fosse un cobra e ciò spiega l’attribuzione degli occhiali. La
forma del rettile e il suo modo di porsi in posizione eretta, che fissa le
persone, sicuramente all’epoca avranno attirato la fantasia e la curiosità dei
popolani. Spesso le madri ammonivano i pargoli a non allontanarsi troppo dal
loro sguardo vigile, ricordando il “serpente
cu’ ‘a calamita”...!
Il rudere romano, simbolo di Scampia di ieri e di oggi…
Questo antico rudere ha fatto da cornice ad avvenimenti svolti negli ultimi decenni nel rione Scampia, ma è anche stato oggetto di opere letterarie e romanzi. Vide sfilare, lungo la strada che lo costeggia, il corteo papale, quando il beato Giovanni Paolo II volle qui recarsi nel suo viaggio pastorale del novembre del 1990, esortando alla speranza gli abitanti di Scampia e per consacrare il rione alla Madonna della Speranza. Nel campo della letteratura alcune opere recenti hanno avuto per oggetto proprio queste vestigia dell’antichità. Nel 2012 lo scrittore Salvatore Tofano ha ambientato un racconto del suo libro, dal titolo “Scampia, la vela che non voleva morire”, vicino a questo monumento, nel 2013 Luigi Sica, nel suo libro “Il borgo perduto”, (entrambi i libri sono stati editi da Marotta&Cafiero), ha riportato la storia della scoperta del cacciatore, mentre chi scrive ha inserito i due cunti del “Serpente cu a calamita” e de “La casa dei serpenti” (racconti ispirati dai ricordi di Pasquale di Fenzo), nel saggio “Piscinola, la terra del Salvatore” ed. Boopen, 2010.
Questo antico rudere ha fatto da cornice ad avvenimenti svolti negli ultimi decenni nel rione Scampia, ma è anche stato oggetto di opere letterarie e romanzi. Vide sfilare, lungo la strada che lo costeggia, il corteo papale, quando il beato Giovanni Paolo II volle qui recarsi nel suo viaggio pastorale del novembre del 1990, esortando alla speranza gli abitanti di Scampia e per consacrare il rione alla Madonna della Speranza. Nel campo della letteratura alcune opere recenti hanno avuto per oggetto proprio queste vestigia dell’antichità. Nel 2012 lo scrittore Salvatore Tofano ha ambientato un racconto del suo libro, dal titolo “Scampia, la vela che non voleva morire”, vicino a questo monumento, nel 2013 Luigi Sica, nel suo libro “Il borgo perduto”, (entrambi i libri sono stati editi da Marotta&Cafiero), ha riportato la storia della scoperta del cacciatore, mentre chi scrive ha inserito i due cunti del “Serpente cu a calamita” e de “La casa dei serpenti” (racconti ispirati dai ricordi di Pasquale di Fenzo), nel saggio “Piscinola, la terra del Salvatore” ed. Boopen, 2010.
Siamo del parere che i resti della
villa rustica romana andrebbero adottati quale simbolo del nuovo Quartiere Scampia,
che rinasce dalle ceneri del vecchio "Rione 167" contraddistinto dalle effimere e tristi immagini delle "Vele", perché essi rappresentino, invece, un legame storico con il passato e un
caposaldo generazionale che resiste e sopravvive alle avversità del tempo e
degli uomini…!
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
Si diceva in giro al tempo del ritrovamento che alcune manovalanze Piscinolesi fecero una fortuna in ritrovamenti di monili antichi, jo posso dire che ho testimonianza visiva di come era grande la struttura tufacea, con un bel mosaico, chi sa che fine abbia fatto..ora e ridotto al nocciolo
RispondiEliminaOla. Can you please provide me some visuals of what you have about scampia? I am working on the site and I need to gather as much as possible
RispondiEliminaHello. what is available can be found published in the various posts of Piscinolablog. You can ask the Scampia associations for other information, according to the genre and the topic of interest to you. Photos and blog entries are available for research work, provided the source is acknowledged. HI.
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