sabato 1 novembre 2025

La cucina nella tradizione contadina del quartiere di Piscinola... Buon appetito! (Seconda parte)

(segue dalla prima parte)

Le insalate ed i piatti estivi

Insalata patate, origano e pomodori

L'insalata, regina delle tavole in estate, era quella preparata con patate lesse, pomodori affettati, origano e cipolle. Per preparare questa pietanza si bollivano le patate in una pentola provvista di un coperchio. A cottura avvenuta, si sbucciavano e tagliavano a fette le patate. Poi si ponevano in una zuppiera, assieme ai pomodori e alle cipolle bianche, opportunamente tagliate a fettine. Si aggiungevano anche due o tre peperoncini verdi, detti di "Sciummo" e alcuni dadini di sedano. Tutto il preparato era, infine, condito con olio, origano e sale.
Precisiamo che l'origano, utilizzato per condire questa insalata era però di una tipologia selvatica (diremo autoctona, perchè si riproduceva in maniera spontanea nel nostro territorio), meno piccante e più digeribile di quella che siamo abituati a comprare nelle spezierie e nei supermercati e veniva anche utilizzata per condire molte altre pietanze.  

Insalata di patate al limone

Questo piatto si preparava ugualmente all’insalata precedente, ma senza pomodori e altri ortaggi e aromi, ma con l’aggiunta di succo di limone.

Insalata di patate e fagiolini

Si facevano bollire le patate ed i fagiolini in due pentole separate. A cottura avvenuta, dopo aver sbucciato e tagliato a fette le patate, si univano questi ai fagiolini in una zuppiera, aggiungendo alcuni spicchi d’aglio e condendo con olio, limone e sale.

Insalata di fagiolini

Questo piatto si preparava ugualmente all’insalata precedente, ma senza le patate. I fagiolini potevano essere anche conditi con aceto, al posto del limone.

“‘A fresella cu’ ‘e pummarole”

La “fresella“ era la regina dei piatti estivi e possiamo dire che lo è ancora tutt’oggi. Da sempre, infatti, è utilizzata in cucina per la sua semplicità e per l’estrema velocità di preparazione. Si bagnavano (spugnavano) le “freselle” in poca acqua, fino ai primi segni di rammollimento. 
Si poneva poi ogni “fresella” in un piatto piano e si aggiungevano dei pomodori poco maturi, tagliati a quattro spicchi, lasciandoli ancora uniti. Si condiva infine il tutto con origano, sale, olio e uno spicchio di aglio tagliuzzato a pezzettini. La “fresella” spesso era preparata senza i pomodori, ma solo con olio, sale e una “spolverata” abbondante di origano.

 “‘A zuppa e fasule“ (zuppa di fagioli) 

Per preparare questa zuppa si usavano dei fagioli bianchi, possibilmente dei “cannellini giganti”. I fagioli erano cotti a lungo in acqua. Dopo la cottura, si versavano sopra delle fette di pane raffermo o “freselle”, poste in un piatto piano, versando sopra anche il brodo di cottura. La portata era, infine, condita con olio, sale, aglio e origano.

La trippa al limone

La trippa lessa condita con il limone (‘o call’ ‘e trippa) era venduta da un venditore ambulante (‘o carnacuttaro) e si serviva con sale e limone. Sul banchetto del venditore si trovavano anche zampette di capretto, “centopelle” e il classico “pêre ’e ‘o musso”, ossia la zampa ed il muso del maiale, lessi e conditi con sale e limone: una vera leccornia di un tempo che fu…!

I tortini ed i piatti rustici

“Zeppulelle ‘e pasta cresciute” e “zeppulelle cu’ ‘e sciurille ‘e cucuzzielle”

Innanzitutto si doveva preparare l’impasto. Il lievito era sciolto in poca acqua calda, aggiungendo della farina, fino ad ottenere la consistenza richiesta. Il composto ottenuto veniva poi messo a lievitare sotto un panno caldo, per un certo tempo. Dopo la lievitazione, si preparavano con le mani delle pastelle e si friggevano in una padella piena di olio bollente. Quando le “zeppulelle” diventavano dorate, si toglievano dall’olio, si mettevano ad asciugare su della carta assorbente (carta spessa gialla), aggiungendo del sale. All’occorrenza si soleva inserire nelle pastelle anche fiori di zucca o di zucchine (sciurille) e addirittura per i palati più esigenti, melanzane ridotte a fettine e alghe marine.

“‘A pizza ’e farenella” (rustica)

Per preparare la pizza “’e farenella”, si portava a bollore la farina di mais in un poco di latte. Dopo aver cotto per mezz’ora l’impasto, si aggiungevano dei pezzettini di “cicole”, del salame, dello strutto e del formaggio e si sistemava il tutto in una teglia, aggiungendo un pizzico di sale. Si infornava e si cuoceva a fuoco lento; poi si serviva, tagliata a spicchi come una focaccia.

“’A Pizza ‘e scarole”

Era la pizza (focaccia) tipica di Natale, di Pasqua e delle gite “fuori porta”; si può dire, senza retorica, che la pizza di scarole era la “regina” delle scampagnate.
Per preparare la pizza si scioglieva il lievito di pane (‘o criscito) o un pezzetto di “lievito di birra” in acqua tiepida salata, aggiungendo la farina e impastando il tutto, fino ad ottenere un panetto morbido. Ottenuto l’impasto, si lasciava lievitare per qualche ora, coprendo il “panetto” con un pulitissimo tovagliolo da cucina. Si prendeva una teglia e si ungeva la superficie interna con olio o strutto. Poi si stendeva metà dell’impasto sul fondo del tegame, fino a coprire l’intera superficie. Le scarole, che nel frattempo erano state lessate, venivano distribuite sopra lo strato di pasta, aggiungendovi acciughe salate, pinoli, uvetta passa, sale e olio.  Alla fine si copriva il tutto con l’altra metà di impasto di pane. La pizza era messa a cuocere in forno a giusta temperatura e, poi, servita, ancora calda.

“‘E scagluozzi”

Si presentavano al termine della frittura, come dei tronchetti dorati a forma di piccoli triangoli, composti dall’impasto di farina di granoturco e uova, a cui veniva aggiunto del formaggio e un pizzico di sale e di pepe.

“Taralli alla sugna”

Erano dei rustici serviti durante le feste organizzate in famiglia, come il ricevimento di nozze o in altre rare ricorrenze. Venivano preparati dall’impasto di farina amalgamata con della sugna, a cui si aggiungeva un pizzico di sale e di pepe.

Le altre specialità importate dalla cucina tradizionale partenopea

“Mulignane ‘a fungetielle” (Melanzane fritte con sugo di pomodoro)

Le melanzane venivano lavate e tagliate a cubetti con tutta la buccia. Si mettevano i dadini in acqua e sale e si lasciavano riposare per circa mezz’ora o anche di più. Successivamente si premevano con le mani per favorire la fuoriuscita del loro liquido e si versavano in una padella con olio già ben caldo. L’olio doveva essere, precedentemente, insaporito con aglio. Quando le melanzane iniziavano a diventare dorate, si aggiungevano dei pomodorini freschi ricavati dai “pennoli”, che venivano intanto tagliati a filetti; poi si lasciava cuocere il tutto ancora per venti minuti, girando spesso il contenuto nella padella. Le melanzane così preparate si servivano a tavola cosparse di formaggio grattugiato, con qualche foglia di basilico fresco e, sovente, anche con una spruzzatina di pepe.

“Strangulaprieveti” (Gnocchi di patate)

Per preparare gli “strangulaprieveti” fatti in casa si iniziava con l’impastare, con un poco di acqua bollente, un chilo di farina, aggiungendo tre patate sbollentate, due uova intere e un pizzico di sale. Dopo aver amalgamato il tutto, si continuava a impastare il composto per renderlo omogeneo e morbido. Successivamente si tagliava l’impasto in piccoli pezzi.
Ogni pezzo era lavorato a mano sulla superficie di un tavolo. Ogni tanto si aggiungeva una spolverata di farina. Si formavano dei “grissini” di pasta che, poi, venivano tagliati con il coltello a forma di dadini. I dadini erano modellati con l’aiuto delle dita, in modo da farli assumere la caratteristica forma “arricciata”. Tutto l’impasto si lasciava riposare su di un tavolo per circa due ore, aggiungendo una spolverata di farina e coprendo con un telo asciutto. Gli “strangulaprieveti” erano, infine, cotti in acqua. Essi venivano versati nella pentola, al manifestarsi del primo bollore dell’acqua. Dopo la cottura erano posti in una zuppiera e conditi con il sugo del ragù. Una vera delizia per il palato!!!

“‘A brasciola”

La “brasciola” era il tocco di classe al ragù della domenica. Possiamo dire che essa non ha conosciuto decadenza ed è ancora in auge nella “nostra” cucina odierna.
Veniva preparata usando grosse fette di carne di mucca o vitellone. Una volta sistemate tutte le fette di carne su un supporto di legno piano, si aggiungevano aglio e prezzemolo spezzettati, uva passa e pinoli, scaglie di formaggio e pepe. Poi tutte le “braciole”, erano singolarmente arrotolate, in modo che il ripieno capitasse al “centro” di ognuna, legate con filo di cotone bianco e messe a cuocere nel sugo del ragù.

“Mulignane alla scarpone”

Si tagliavano le melanzane in due metà e si estraeva la parte interna, realizzando una sorta di “scarpone”, da cui l’origine del nome dell’antica ricetta. La parte intera asportata veniva ridotta a dadini e fritta in olio, insieme ad olive, capperi, pane grattato e un pizzico di sale. Alla fine della frittura, si eseguiva il riempimento degli “scarponi”. Poi tutti gli “scarponi”, così riempiti, venivano sistemati in una teglia, infornati e lasciati cuocere a fuoco lento.

Trippa al sugo di pomodoro

A differenza della trippa al limone, quella venduta dai venditori ambulanti, la trippa al pomodoro era cucinata in casa e si preparava con la conserva di pomodoro. Spesso s’accompagnava con del pane e si mangiava anche durante i lavori nei campi (‘a marenna).

“‘O bror’‘e purpo” (brodo di polipo)


Il brodo di polipo era anch’essa una pietanza consumata durante l’inverno. Si ricavava dalla cottura del polipo, in acqua pepata. Il brodo si serviva bollente in giare di vetro o tazze di porcellana.

“Broccoli ‘e rape al limone”

Dopo la cottura in acqua, i broccoli o le rape lesse si condivano con olio, limone, aglio e sale.

Gli altri “piatti” tipici o “adottati” dalla “Terra del Salvatore”, ancora oggi preparati, sono:

“Peperoni fritti con olive e capperi”

“Gateau ‘e patate e panzarotti” (Pizza di patate al forno e crocchè di patate fritte)

“Alici ‘ndorate ‘e fritte”

“Minestra ‘mmaritata” (Minestra insaporita con il brodo ricavato dal grasso di pollo ruspante)

“Peperoncini ‘e sciummo cu’ pummarulelle ‘e piennuli(Peperoncini verdi fritti, conditi con sugo di pomodoro e basilico)

“‘E fave e pesielli” (Fave e piselli)

“Pizza ‘e farenella” (Dolce tipico di Carnevale)

“Frittata ‘e cipolle”

“Zuppa di cipolle”

“Alici ‘nturtiere” (Alici con aceto)

“‘A parmigiana” (Melanzane fritte, finite al forno con ragù e formaggio)

“Cucuzzielli alla scapece” (Zucchine fritte condite con aceto)

“Friarielli”, oppure “Vvruoccoli avutati” (Broccoli o rape “saltati” in olio e aglio).

Salvatore Fioretto  

 

Zeppulelle con i fiori di zucchini