venerdì 7 marzo 2025

Per la serie i racconti della Piedimonte ecco l'ultimo capitolo dal titolo: "Il declino della ferrovia..."!


Ecco il capitolo finale del libro "C'era una volta la Piedimonte", che segna purtroppo l'epilogo della vita della ferrovia e l'azione distruttrice avviata ai suoi armamenti ed impianti da parte di persone che non amavano la cultura e il territorio...!

--------------------------------------  o  O  o  --------------------------------------

"Come accade per i bei film, anche le belle storie purtroppo sono destinate ad avere vita breve ed a terminare, tra lo stupore delle poche persone sensibili e attente, che l’hanno apprezzate e tra l’indifferenza della massa, sempre un po' distaccata e superficiale…! Così… anche la bella “Piedimonte” giunse al suo irrefrenabile declino...! La ferrovia fu purtroppo definitivamente soppressa nel mese di febbraio del 1976 e devo dire tra una grande indifferenza generale…
La zona immediatamente a Nord di Napoli, già a partire dalla fine degli anni ’60, incominciò a essere al centro di un impegnativo progetto di espansione urbanistico, da parte delle amministrazioni comunali, che si succedettero nei lustri seguenti. La metropoli recriminava spazi e case popolari, ma soprattutto case, tante case…, e la piana dello Scampia (il celebre Scampagnato piscinolese) ricca di frutteti, si prestava ottimamente, per la sua notevole estensione e conformazione piana, a diventare il centro strategico delle mire espansionistiche della città. Il verde secolare della campagna piscinolese cominciò inesorabilmente a cedere il passo al costruendo mega rione di case popolare, che prenderà il nome di “167” di Secondigliano, in onore della legge che l’aveva poco prima concepito. In pochi anni, nel periodo a cavallo tra il 1970 ed il 1974, nacquero, come funghi, centinaia di palazzine di case popolari ed insieme ad esse, molte strade, tutte ampie e miseramente spoglie e deserte, con un’assenza totale di servizi, quali negozi, farmacie, uffici postali, chiese, centri sportivi ed ogni altra forma elementare di aggregazione… nulla! Soltanto case! Si realizzarono case popolari, soprattutto per dare un tetto ai cittadini napoletani, provenienti dalle baraccopoli del Porto e da altre zone popolari della città. Nacque anche un asse stradale a scorrimento veloce, che secondo il progetto iniziale doveva collegare il nascente quartiere alla Tangenziale di Napoli.

Questa superstrada, che come è noto è stata completata a distanza di oltre 40 anni, risultava essere tangente alla nostra ferrovia e finì per isolarla dal resto del nascente quartiere, perché determinò, tra l’altro, la realizzazione di uno strapiombo di circa dieci metri di profondità ai suoi “piedi”, lambendo addirittura in alcuni punti i suoi binari. Si creò, in corrispondenza della stazione di Piscinola e di tutto il territorio del quartiere confinante con la strada, un terrapieno in cemento armato per sorreggere la scarpata, che si era determinata dopo lo sbancamento della sede stradale. L'isolamento di Piscinola fu totale e persiste ancora oggi.

La ferrovia da quel momento, forse per una strana coincidenza, incominciò ad accusare i colpi della sua “età”, non avendo mai avuto un programma serio di ammodernamento e le sue corse incominciarono a farsi sempre più diradate durante il giorno.
Addirittura negli ultimi due anni la ferrovia svolse solo le corse mattutine, per poi fermarsi dopo le ore tredici.
La manutenzione fu interrotta completamente. La fine della ferrovia Piedimonte era ormai prossima…!
Con l’arrivo dei primi abitanti della “167”, ma forse è più corretto parlare dell'“invasione" dei primi abitanti... perché il trasferimento di persone e nuclei familiari fu di mole ingente… il quartiere di Piscinola e gli altri quartieri limitrofi cominciarono a non essere più gli stessi. Si manifestò tra i borghi antichi vicini una nascente e tangibile crisi di identità, di chiara natura antropica… Venne meno l'antica solidarietà e la fratellanza tra gli abitanti, nonché l’attaccamento ai valori secolari, legati alle tradizioni contadine.
Intanto bande di scugnizzi incominciarono a coalizzarsi ed a saccheggiare le ultime campagne sopravvissute. A nulla valsero i fili spinati che nel frattempo i contadini avevano installato, come recinto ai margini delle loro ultime “isole” di terra. E neppure a niente valsero le recinzioni installate dalle maestranze della Piedimonte, dopo i continui solleciti ricevuti dai cantonieri, perché questi scugnizzi spesso prendevano di mira pure la ferrovia, mettendo pietre e chiodi di ferro sui binari, per farne diventare coltelli.
Poi la situazione degenerò; le loro divennero delle vere e proprie scorrerie e dopo pochi mesi si passò al lancio di pietre ai finestrini dei convogli e pure ai contadini. Molti furono i passeggeri feriti. La situazione divenne insostenibile, per la sicurezza dei viaggiatori. Qualcuno, per proteggere i bambini, li facevano stendere nel corridoio dello scompartimento.
Era ormai la fine di quella tranquillità secolare che aveva caratterizzata la nostra zona. Addirittura anche il filo spinato veniva rubato…!
La stazione venne ripetutamente saccheggiata e vandalizzata. La sala viaggiatori cominciò ad essere imbrattata di vernici e di sterco e abitata da cani randagi e da barboni, che sporcavano tutto. I bagni divennero puzzolenti e nauseabondi.

Mese dopo mese, i treni si fecero sempre più rari, fino a scomparire del tutto. Ricordo l'anno che segnò la chiusura della ferrovia.... Era il 1976… esattamente i primi mesi dell’anno...
Restai per diverse settimane senza vedere un convoglio, poi, all'improvviso..., ecco una sera apparire in transito sui binari, provenienti da Miano, due elettromotrici con al centro una rimorchiata, che procedevano spediti la loro insolita corsa senza nessun passeggero a bordo, dirette probabilmente verso il deposito di Sant’Andrea. Pensai subito a un possibile ripristino del servizio: ingenua aspettativa di un fanciullo...! Non sapevo che quei convogli erano proprio gli ultimi che transitavano sulla linea della vecchia ferrovia, diretti con ogni probabilità al deposito di Sant’Andrea, gli ultimi visti nella mia vita...
Alcuni giorni dopo vidi pure un locomotore elettrico percorrere in gran fretta la linea ferroviaria, anch’esso probabilmente diretto al deposito. Come facevo sempre, in entrambi i casi mi lanciai in corsa, felice, per le campagne a salutare a squarciagola i convogli della Piedimonte....! Speravo nel mio cuore di rivedere la ferrovia riprendere la vita normale di un tempo... e con essa la mia... Fu per me un'amara delusione!
Da allora non vidi più nessun convoglio circolare sui binari e neppure nessun dipendente della ferrovia in giro. Erano come scomparsi del tutto nello spazio e nel tempo, come disintegrati...!
La linea rimase deserta e abbandonata a se stessa. Essa fu frequentata soltanto dalle immancabili bande di scugnizzi in cerca di campagne da saccheggiare e da coppiette di fidanzatini in cerca di un posticino per appartarsi. Una tristezza senza uguali…! Povera Piedimonte...! Era scomparsa definitivamente dalla mia vita… e con essa scomparso per sempre il mio piccolo mondo di fanciullo...!

… …

Cominciarono a rubare ogni cosa della ferrovia: l’armamento, i conduttori, i tralicci, i pali di recinzione e, infine, pure pezzi di binari e le traversine di legno.
La città ormai diventava “cannibale” delle sue stessa membra, ignara di quella che poteva essere, di lì a pochi decenni dopo, l’unica ancora di salvezza ai sui mali storici, in tema di soluzione per i trasporti dell'Area Nord di Napoli.
Ricordo quando, nell’agosto del 1977, andammo a vedere i fuochi pirotecnici della festa del SS. Salvatore di Piscinola, sedendoci sulle banchine della vecchia stazione di Piscinola, essa già appariva come un paesaggio triste e desolato...! Solo i fuochi colorati ogni tanto illuminavano il cielo e la zona abbandonata, animando per un poco quella che fu una stazione sempre molto frequentata di gente..., ma, ormai, tutte le strutture erano state spogliate e miseramente vandalizzate...
Per un paio di anni, dopo la soppressione della ferrovia, un autobus sostitutivo di linea, ormai divenuto CTP, continuò a svolgere il suo servizio giornaliero tra la piazza Bernardino Tafuri di Piscinola e Piazza Umberto I di Napoli, ma sempre solo la mattina; poi, anche di questo mezzo di trasporto se ne persero le tracce definitivamente.
La vecchia linea ferroviaria incominciò a ricoprirsi di vegetazione e di rovi infestanti. Nei primi anni era possibile ancora percorrerla a piedi per recarsi, sia a Miano che a Mugnano; ma già allora si incontravano lungo il percorso tubi e condutture di privati che attraversavano ad altezza d’uomo i binari e poi rovi e immondizia scaricata abusivamente, sulla massicciata e sui binari.

Intorno al 1979, la strada di accesso alla stazione di Piscinola venne sbarrata da un muro di cemento armato e le luci di porte e finestre dell'edificio murate. Ma, nonostante ciò, in altri punti della recinzione vennero realizzati dei varchi clandestini e la stazione divenne ritrovo di tossicodipendenti, che nel frattempo, come una moda contagiosa, iniziavano a drogarsi ed a frequentare le nostre zone, facendo come da cornice allo squallido degrado urbano...
Del riammodernamento della ferrovia “Piedimonte” non se ne parlò più per molto tempo. Qualche mese prima del terremoto del 1980 si incominciarono a scrivere articoli sui giornali dell’epoca ed a organizzare dibattiti sul progetto di realizzazione di un'ipotetica “Metropolitana Alifana”, che riprendesse il vecchio percorso della Piedimonte. Purtroppo quelle di allora furono solo promesse e mere illusioni!
Dopo il terremoto si ebbe ancora un lungo periodo di silenzio, finché, il progetto di riammodernamento della ferrovia fu inserito nel programma straordinario della ricostruzione del dopo terremoto e fu dato ad esso una spinta decisiva per la realizzazione, con un cospicuo flusso di finanziamenti. Furono realizzate molte opere civili in galleria della tratta Giugliano-Aversa. Nel 1989, nella zona della vecchia stazione di Piscinola, vennero finalmente aperti i cantieri per la costruzione della metropolitana collinare “Linea 1”, per la costruzione della nuova stazione “al grezzo” della nuova Alifana e per la realizzazione di un tratto di galleria artificiale lungo cinquecento metri circa. L’edificio della vecchia stazione, ormai pericolante e con il tetto in parte crollato, venne definitivamente abbattuto ed i binari furono recuperati e accantonati in un'area adiacente il cantiere, per poi essere successivamente rottamati. Ricordo quando la gru sollevava i tratti di binari dalla massicciata, essi erano ancora attaccati alle traversine di legno e si muovevano liberamente, quasi serpeggiando… Sembrava come se avessero un segno latente di vita..., come se protestassero contro quella profanazione e non volessero abbandonare quella zona, dove soggiacevano indisturbati da moltissimi anni ormai…!
Tuttavia si dovette attendere fino al luglio 2005 per vedere inaugurato, in “pompa magna”, il primo tratto in tunnel della nuova ferrovia denominata ”MetroCampania NordEst”, la tratta Piscinola - Mugnano, lungo circa tre chilometri, con due stazioni ed un'unica vettura navetta, con partenza ogni quindici minuti.
Nel 2009, con un’altra pomposa cerimonia di inaugurazione, si inaugurava all’esercizio la tratta “Mugnano - Aversa Centro”, portando la lunghezza complessiva della nuova linea a dieci chilometri circa, interamente in galleria.
Non ho mai compreso le vere motivazioni che indussero i responsabili della ferrovia dell’epoca a sopprimere la “Piedimonte”, senza pianificarne il suo riammodernamento, che doveva essere graduale e progressivo, ma eseguito con la ferrovia in esercizio, come fu saggiamente fatto dalla “cugina” ferrovia Circumvesuviana. Non comprendo ancora oggi quali furono le considerazioni secondo le quali si scelse la via della dismissione, proprio in un periodo storico di “crisi petrolifera”, nel quale si avvertiva maggiormente la necessità di un mezzo di trasporto efficiente ed economico.

Purtroppo l’assenza dell’unico mezzo di trasporto alternativo ai bus su gomma ha arrecato in tutti questi anni un danno notevole, in termini di mobilità, alla mia generazione ed all’economia di tutta la periferia a Nord di Napoli e del basso Casertano. Un danno ingente, che forse non si colmerà neppure con l’esercizio della nuova ferrovia, perché stranamente e senza motivi apparenti, quelle zone densamente abitate costituite dalla Provincia di Napoli e di Caserta, con comuni popolosi come: Marano, Calvizzano, Mugnano(centro), Frignano, Casaluce, Lusciano, San Marcellino e altri ancora, non rivedranno mai più i convogli della Piedimonte sul loro territorio, nonostante i loro atavici problemi di traffico e nonostante la scarsità dei collegamenti verso i due capoluoghi.
Mi resta la consolazione di sapere che la nuova ferrovia aiuterà a decongestionare il traffico dell’hinterland metropolitano di Napoli e forse quello di Caserta, attraverso una rete capillare di nodi di interscambio con i bus su gomma e molti parcheggi auto, a costi popolari, così come previsto dal progetto."

Salvatore Fioretto 

Il racconto è tratto da un libro pubblicato ed, in quanto tale, è soggetto ai diritti d'autore e di editoria, pertanto è vietato copiare, modificare ed eseguire qualsiasi altro utilizzo del testo, per fini anche non commerciali, senza ricevere l'esplicita autorizzazione da parte dell'autore.